Mi metteste in un terreno arido, secco, infestato di erbacce
che cercavano ad ogni costo di soffocarmi togliendomi aria e cibo. Morivo di
paura lì sotto al buio, ma voi ogni giorno mi facevate compagnia, parlandomi
dolcemente, come si fa con un bambino che deve crescere. Sentendomi accarezzare con gli occhi e col cuore,
sorridevo per le vostre parole e ridevo di gusto quando vi travestivate da
pagliacci dal naso rosso.
Ricordate quando, pronto a germogliare, arrivarono i corvi
neri che, in circolo , mi si contendevano?
Allora arrivaste voi, che come tanti spaventapasseri, in
fila per tre, vi metteste a farmi la guardia per evitare che finissi nel becco
di quegli uccelli.
Ricordate quando ero una piantina giovane e tenera, ma già
vigorosa e con tanta voglia di crescere?
Un giorno arrivarono
le capre che di germogli sono ghiotte e voi organizzaste un piccolo concerto
con archetti e flauti e, come tanti pifferai di Hamelin, portaste lontani gli
ovini perché io potessi crescere più forte.
Da allora tempo ne è passato.
Continuano ad arrivare
uccellacci neri e capre ghiotte, ma io sono diventato un albero alto e robusto con
rami lunghi che, come braccia, si tendono per accogliere più persone.
Quando arriva la pioggia, la mia chioma frondosa vi ripara
dai fulmini come un ombrello magico e le foglie al vento emettono le note
di vecchie e nuove storie per allietare il cammino ai viandanti stanchi.
Mentre risuonavano nel Parco Vassallo le risate argentine dei piccoli, accompagnati dalle giocherie degli animatori, i musicisti liberavano dagli strumenti suoni melodiosi che vibravano nelle orecchie ed emozionavano i cuori.
La serata ha avuto, poi, un finale strepitoso. Grazie ad “Una città che…” che ha offerto uno spettacolo superbo, il “ Teatro nel baule” ha presentato “L’ufficio delle parole smarrite”. Scelta giusta e appropriata perché in questo tempo veloce e sfuggente, c’è la necessità di fermarsi e riflettere sull’assunto che il dono più bello è il tempo che si dedica alla cura delle persone amate, alla cura dei sogni nascosti nel profondo del nostro io e alla cura delle idee che, all’inizio embrionali, devono crescere e svilupparsi. Come è successo a quel semino della Biblioteca Fiordilibro che ora è un albero maestoso.