martedì 17 ottobre 2023

 SIAMO MEMORIA




Era l'otto settembre 1943.

Il ricordo di quel giorno lo conservo ancora tra le pieghe elle mie pagine e lo metto a disposizione di tutti coloro che vogliono farsi "memoria".

Il re d'Italia, Vittorio Emanuele III di Savoia, chiese al comando degli alleati e ottenne dalle truppe angloamericane, l'armistizio.



A Napoli soffiò il vento di primavera. Dopo tre anni di guerra, quel giorno sembrò l'alba di un lungo periodo di pace. La gente si affacciò alle finestre, scese per strada, sorrise, finalmente.







Sui corpi ancora il ricordo della paura delle bombe sganciate dagli aerei alleati, nel naso l'odore della muffa provocata dall'umidità dei ricoveri, misto alla puzza della miseria, nello stomaco i morsi della fame, ma negli occhi... Che splendore! La speranza. La speranza di un giorno migliore.



Come, però, capita, i sogni svaniscono con la luce del sole e Napoli passò dalla padella alla brace.

I tedeschi, fino al giorno prima, alleati degli italiani, diventarono i loro peggior  nemici. L'ordine partito da Hitler fu quello di ridurre Napoli "a cenere e fango".

Il pericolo non veniva più dal cielo; il pericolo era in città, nelle vie, dietro l'angolo.


 


Accanto alla fame, alla miseria, alle macerie dei bombardamenti degli angloamericani (Napoli fu una delle città più bombardate, con 25000 vittime), iniziò lo stato d'assedio del comandante Scholl con rappresaglie naziste, persone sparite, fabbriche distrutte, esecuzioni spietate e rastrellamenti 
degli uomini dai 18 ai 33 anni, per condurli ai campi di concentramento.





Intanto i semi di libertà, di fratellanza, di uguaglianza, di fronte a tali negazioni dei diritti, cominciarono a ribollire nel sangue dei napoletani e come un getto di lava continua, esplose in uno slancio di resistenza.

Iniziarono così le "Quattro Giornate" di Napoli.



Il 27 Settembre, alla Masseria Pagliarone, nel quartiere del Vomero, si accese la miccia; da lì, l'eco della rivolta si estese in tutti i quartieri, nelle strade, nelle piazze di Napoli.

"AIZZAMM A VOC'..." fu il motto che mosse tutti, ma proprio tutti i figli della città ad agire Professori, scugnizzi, studenti, donne, uomini, ragazze, ragazzi che, come novelli partigiani "senza montagna", ma con il sale tra i capelli e il sole sulla pelle, difesero ogni vicolo, ogni angolo della città.



 Per quattro giorni i napoletani si unirono sotto un'unica bandiera, quella della libertà per cacciare via i tedeschi dalle loro vite. Lo fecero con i mezzi che avevano a disposizione, con armi rubate nelle caserme, ormai abbandonate dall'esercito o recuperate dai soldati tedeschi caduti.

Non fu un flusso incontrollato di rivoltosi, ma individui coordinati e mossi da un unico obiettivo.

Dietro alle barricate, ricavate con oggetti vari, i napoletani combatterono con coraggio, facendo appello alla dignità e al senso di appartenenza a quella terra che li aveva visti nascere e crescere.


Dopo il 30 Settembre, alcuni non sono tornati a casa.




Rimarranno sempre così com'erano, partigiani della libertà, come Gennaro Capuozzo di appena 11 anni.







Altri, come Maddalena Cerasuolo, passeranno la loro vita a ribadire il NO ai soprusi, alle oppressioni. Continueranno a  manifestare il loro dissenso verso le discriminazioni.




Seguiteranno a salvare per 1000 volte i ponti che collegano i quartieri della città perché i loro figli possano godere dell'incontro e dell'abbraccio con l'altro.

Un'unica voce che risuona nella città di Napoli: TIENEME CA' TE' TENG'!



Ed io, ancora mi commuovo dinanzi a tale mistero.
                                                           
                                                                                                                                          Classe 5° B





  SOGNA RAGAZZO SOGNA Nascosto tra le pieghe della Storia c’è un esperimento pedagogico di un’attualità estrema.  Parliamo dell’esperienza d...